LA SEDIA DI PAGLIA

Abbandonata nella piatta campagna gemevi, familiare rifiuto
di chi abitava la vicina casa.
Troppo alta per la pioggia di verdi raganelle che a giugno inonda
di striduli gracidii fossi e acquitrini,
troppo bassa per l'usignolo che protegge la meraviglia del suo canto
dall’improvviso artiglio dell’attento predatore.
Ma quando la luce prende la strada del crepuscolo e il buio si insidia
con il grottesco scettro, re dell’interminabile notte,
i tuoi occhi divini, Grazia della terra, scelsero quel relitto sfibrato di sedia
per breve riposo per guardare le stelle da cui scendesti nostro Salvatore.
E appena i tuoi piedi toccavano l’umido della terra
i petali di un fiore si inginocchiavano di fronte a luminosa Santità
seguita da tutta la Natura prostrata devota al Figlio di chi l’aveva creata.
Gli esili pioppi piegano le verdi fronde ora forti come querce,
il fiume rallenta il suo argenteo seguire, le rose piangono la preziosa linfa
di tenere lacrime,
il cielo guarda con gli occhi delle stelle l’aurea di luce e l’Amore che generoso
profuma la festa del Paradiso sulla terra.
Gli uomini sono lontani, forse a incrociare ancora due assi di legno,
fatale Suffragio.
Guarda le pietose spighe di grano addormentate, pane di domani che dividesti
con la nostra ingratitudine
e i tralicci di viti mature per spremere il rosso del Sangue,
balsamo per ogni sofferenza.
I miei occhi ti guardano con il sospiro delle ombre e fissano nell’anima
l’incanto della immacolata tunica, ricordo immortale del seminatore d’amore,
come quella sedia d paglia,
tronus maximus per brevi istanti in una notte fatale di giugno,
quando la terra si sentì vibrare, accarezzata tutta dal palmo della tua mano.

dalla raccolta inedita CORNELIANA