Se scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero per
secolo l’uomo ha cercato di liberarsi dalla fatica e avere sempre
più tempo da dedicare al riposo. Alla base di ciò la separazione
tra dovere e piacere, per cui il lavoro ripetitivo, faticoso e
insoddisfacente è slegato dall’aspetto ludico, spinge a desiderare
maggiore spazio da dedicare allo svago e agli interessi personali.
Successivamente è accaduto qualcosa
d’imprevedibile:l’insostenibilità sociale del tempo libero dilatato
e incontrollabile, economicamente improduttivo ha comportato il
graduale inserimento del lavoro nel tempo libero: tutto è divenuto
lavoro, anche in presenza di attività finora considerate
d’evasione: viaggiare, suonare, leggere, conversare, fare sport o
shopping.
Nessuno più pratica un hobby: non è più di moda. Anche perché è
venuta meno una caratteristica fondamentale del tempo
libero: la sua improduttività, l’inutilità, la natura oziosa e
perditempo che ha carattere di gratuità. Inoltre ha assunto una
funzione privata per cui si rinuncia alla qualità collettiva della
festa, chiudendosi nella sfera individuale o familiare.
Non c’è più differenza reale tra tempo libero e tempo di lavoro:
fusi nella travolgente rapidità della vita odierna, annullati
dall’ansia del vuoto che spinge a riempire ogni spazio della
giornata, i due momenti si confondono in un assillante attivismo
condizionato dall’invadenza delle nuove tecnologie. La grande
impostura della società postindustriale è proprio quella di essere
riuscita a unire otium e negotium, senza distinzioni sociali.