Negli ultimi tempi, anche e soprattutto in vista dell’imminente Expo, non mancano gli inviti per guardare al futuro con rinnovata fiducia.
Uno dei principali richiami a questo nuovo deal è senza dubbio quello del design.
E’ questo il caso della Triennale di Milano dove progettisti e studiosi di diversa formazione e orientamento mireranno a esaltare la dimensione pluridisciplinare e interdisciplinare della XXI Edizione, la quale non si limiterà a pre-sentare quadri, sculture e installazioni ma restituirà una cartografia nella quale si dissolveranno i confini che separano i diversi media, spaziando dall’architettura al design, dalla pittura alla fotografia, dalla moda al teatro.
In questo contesto, più partecipativo da parte degli stessi visitatori, la filosofia sarà sottesa ad un linguaggio comune e il design che verrà inteso non in un’ottica limitata bensì come progetto. Come arte del comporre e del configurare ipotesi e spazi, del definire equilibri, del disegnare campi di intervento, dell’esercitare quello che è stato chiamato “l’orgoglio della modestia” del sottoporre la libertà espressiva a una severa disciplina, del combinare differenze, per dare vita ad un prodotto che abbia l’esattezza di un organismo perfetto sorretto da un’inviolabile logica interna. Progettare, si potrebbe dire servendoci delle parole di Borges, significa attenersi al vigile e austero rispetto di alcune regole. Perché, anche nelle soluzioni apparentemente più libere, ogni avventura immaginaria deve darsi come norma a venire, fino a rientrare negli alvei più invisibili. I gesti e i pensieri più inafferrabili - come del resto lo stesso atto del poetare - vanno sempre ricondotti dentro destini prestabiliti come quelli dei pezzi degli scacchi.