PREFAZIONE



Quante volte ciascuno di noi si è sentito sotto processo? Quante volte si è provata l'esigenza di mettere alla sbarra l'intera Umanità?
Un uomo qualunque racconta esattamente questo: la storia del processo cui, giorno dopo giorno, ogni individuo sottopone se stesso, la propria famiglia, i propri amici e il mondo intero per cercare una risposta - attraverso la fredda ma chiarificatrice luce della Giustizia – al caos e all'intrinseca irrazionalità dell'esistenza.
Non a caso la vicenda è inizialmente ambientata ai giorni nostri: appena il sipario si alza, il pubblico si trova di fronte - appunto - un uomo qualunque, un tranquillo borghese che sfoglia un vecchio album di fotografie.

Ma in realtà Lui è molto più di questo: lo spettatore riconosce infatti nel protagonista se stesso, il proprio vicino e, in assoluto, l'incarnazione dell'Uomo, con il proprio dramma personale che altro poi non è se non la tragedia dell'Umanità, la comédie humaine balzachiana.
Via via che le pagine dell'album e i ricordi che portano con sé si susseguono, emergono dall'ombra - del palcoscenico e della memoria - le donne più importanti della vita del protagonista: la Madre, la Moglie, la Sorella, la Figlia, l'Amante. Ognuna di loro, allorché prende la parola, è illuminata dalla luce della Legge, che - implacabile - rimprovera a Lui tutti gli errori commessi nel corso della vita. Invano l'uomo, schiacciato dalla verità, tenta di schermirsi: l'odore della sconfitta si percepisce già dalle prime battute, la speranza nella redenzione non è altro che vana utopia.
Per questo motivo, dall'iniziale contestualizzazione spazio-temporale della storia, improvvisamente i confini del dramma si sciolgono e la vicenda assume una struttura atemporale, che richiama la tragedia greca classica. Un'Odissea moderna, dunque, ma l'Ulisse di oggi è molto meno eroico di quello omerico e le sue avventure non sono altro che un vuoto tentativo di dare significato ad un'esistenza altrimenti misera. Così, quella che all'apparenza è una moglie qualunque, si trasforma in un'odierna Penelope, mentre la scialba amante si irradia del fascino di una Circe o di una Calipso.
Forse solo facendo riferimento all'antichità, cercando di stabilire un legame tra i comuni mortali e le figure - quelle sì davvero immortali -della Letteratura e della Storia - si può pensare di portare la tragedia dell'individuo comune al livello sublime del Dramma. Per questo esiste l'Arte.

Giulia Bianchi