L’UOMO E IL SUO DESTINO IN UNA RACCOLTA DI MARCO BOIETTI

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opo Moti e maree, Marco Boietti presenta al pubblico una raccolta di poesie dal titolo Kismet (Padova, Altromondo 2009), che tradotto dall’arabo significa “Destino”. Il testo, corredato da immagini del novarese Danilo Boietti, pittore impegnato in una feconda attività artistica, si presenta come una sorte di ricerca alla scoperta di tracce presenti sul proprio percorso esistenziale e disseminate negli incontri, nei luoghi, nelle scoperte interiori, nelle persone e nelle cose.

«E oggi è prematuro / vedere il futuro / con quello che ho / scritto in passato, / non aspettatevi tanto / da un vagabondo di sentimenti / che ha conosciuto / solo poche strade / quello che meglio / avrebbe potuto dire, / forse non lo ha proprio / detto» conclude l’autore ripercorrendo le pagine del testo in una sorta di bilancio e di guida per il lettore, invitato a scrutare oltre le apparenze un filo che unisce i frammenti di una vita. E proprio attraverso l’ossimoro “frammentazione concorde” si può tentare di decifrare un lavoro incentrato su uno dei termini più controversi del pensiero occidentale: destino, parola evocata quando la ragione non riesce a trasformare in spiegazione il coacervo degli avvenimenti oppure, al contrario, quando la ragione individua una via sulla quale si è modellata un’esistenza: «Fuggono le ore / di questo Destino / che scorre come / il mistero del fiume / o come nodo / di un nostro abbraccio, / capace di mettere radici / profonde nella vita / e di tagliarle nell’attimo / che segue». Dalla diversa impostazione deriva anche la posizione dell’individuo, sospesa tra una libertà costruttrice di un destino, come pensavano i Rinascimentali (homo faber fortunae suae), e determinismo forgiato da una Volontà Superiore, cui non resta che adeguarsi, come ritenevano gli Stoici e, in senso diverso, i Mussulmani.

Le composizioni si snodano su riflessioni che prendono spunto da vicende poeticamente trasfigurate. Per tale motivo lo stile è multiforme: dalle sentenze si passa alla descrizione per giungere alla metafora modulata su schemi “orientaleggianti” propri della letteratura biblica e della poesia araba (si pensi solo a Kalil Gibran): «regalami solo un foglio bianco / di pazienza / che mi tenga stretto a sé / per non perdermi nel suono / della cupa melodia / del vento». In realtà la “catena” astratto-concreto con possibilità di sostituzione tra determinante e determinato è caratteristica anche della nostra tradizione ermetica, per il fatto che anche in questo caso si ambiva ad superare la raffigurazione della realtà per raggiungere una purezza di espressione mediante analogie inusuali, secondo l’insegnamento di Mallarmé. Cogliere l’inesprimibile, l’impalpabile, l’evanescente pare l’obiettivo di Boietti conseguito mediante la smaterializzazione del dettato poetico e mediante l’invito al sogno: «Nel mistero delle tenebre / ci scambiamo / confessioni segrete / mentre i nostri corpi / rimangono avvolti / dal segreto implacabile / del nulla». Anche la lezione di Ungaretti non è passata invano.


Giuliano Ladolfi

Le poesie di Marco Boietti pubblicate in Kismet richiedono una lettura attenta - meglio sarebbe leggerle due volte- non solo per le diverse tipologie di discorsi inseriti in ambiti storici diversi, ma per i temi universali capaci di generarne altri di carattere duale: l’individuo e la storia, il destino individuale e quello generale, la speranza che richiama la preghiera, l’uomo sempre più responsabile nei confronti di una natura benigna/matrigna, le umane paure ingabbiate ed esorcizzate nelle favole, strumento taumaturgico per tutti i mali dell’animo. E’ un continuo fluire di riflessioni e considerazioni capaci, tuttavia, di una certa leggerezza che difficilmente mette il piede a terra. Se è vero che lo spirito del destino è una costante che, inesorabile, coinvolge tutti noi, quello di Kismet è soprattutto un destino solitario costantemente posto a confronto fra passato e presente, curiosità e tensione. Le emozioni musicali di facile individuazione per il noto tema sono legate a un famoso musical degli anni ’50 dove una parte è la rielaborazione de "Il Principe Igor" di Alexander Borodin.

Dott.sa Graziella Nante

La descrizione delle stagioni, la gerarchia fra ghiaccio e neve, l’illusione che vaga alla ricerca della speranza, una piccola luce,prima che venga recisa la corda della vita, l’oblio fitto di nostalgici ricordi mentre la gioia è fugace come un raggio di sole. Sono alcuni dei temi espressi dalle liriche di questo autore le cui poesie meritano di essere partecipate e nel rileggerle si coglie il piacere della lettura di ogni singolo "quadro". L’ uomo è quasi assente, il cuore della vita pulsa attraverso il monocrono bianco. Quinta di fondo, onnipresente, bandiera di sentimenti abbandonati altrove dove esiste il caldo dell’estate, i riti plebei della coltivazione dei campi, il canto delle donne rimaste a casa che ascende al cielo. Il mondo di ghiaccio e di neve chiamato in causa come metafora esorcizzante corre parallelo alle delusioni che l’ideologia dominante sempre imposta dall’alto riserva agli stessi promotori di nuove idee. Sia la visione oligarchica zarista sia quella successiva post rivoluzione del’17 relegano il popolo a percorrere una storia che lascia dietro di sè magre illusioni che mettono l’uomo in ginocchio, con la coscienza scalfita e, ben più grave, senza possibilità di riscatto. In questo mondo dove l’uomo è abbandonato a un futuro incerto, trova felice collocazione il mondo delle favole che sembrano metaforicamente posare una mano sulla sua spalla e infondere una infantile, temporanea rassicurazione. Originale è il percorso attraverso fasi storiche molto lontane ma capaci ugualmente di mettere l’uomo a confronto con le scelte dovute e i propri sentimenti. "Kismet" è un libro che si fa leggere soprattutto per la sua delicata astrazione, per la dolcezza di certi passaggi anche se eccede, forse, nella misura moralistica. Rimane tuttavia un lavoro pulito, ben scritto, dove ogni lirica ha una sua delineazione nella cornice che il suo autore gli ha dato.

Mario Bertino