Fisarmonica, tastiera ambulante,
la porti al collo come collana, vive d’aria
e di note che baciano il mondo,
è musica che arriva dalla collina
a marcare gli alberi a mangiare ai tavoli
sibila e sillaba accenti che si allontanano
come schegge di vento o viandanti senza bastone
per riposarsi nella solitudine dei fienili,
per tacere lasciando spazio al vuoto.
E’ tardi quando scende l’ultima luna
sul mare della terra.
L’illuminante spaccatura si chiude e rimango
segregato nella natura,
architettura che spadroneggia.
A nulla serve negoziare una libertà senza firma
in calce.
Mi arrendo da magnete arrugginito al mondo
dei tuoi sorrisi, sogni che la notte aveva promesso,
dimenticati nel parco delle stelle.
Quello spirito inondato di nuove idee nate
intorno al tavolo del mondo, tra rossi bicchieri
come bargigli di gallo, si è scolorito
nell’arco di una notte, un pallido acquarello,
il nostro cuore vegliava per guardarlo
noi dormivamo, di lì a poco anche la luce
curvilinea avrebbe preso forma di falce,
a illuminare il mare della speranza.
E’ la che il respiro delle onde prima sussurra
poi gonfia vene che scoppieranno nel nuovo
mondo,
dove crescono i fiori rossi della luna.
Da quella tela sono caduti i disegni,
il lenzuolo è diventato bianco.
Un’amarezza listata di nero.